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INPGI: riforma indispensabile per salvare le pensioni presenti e future

Una informativa di Olga Mugnaini e Simona Poli, consigliere generali dell'Inpgi 

Di seguito pubblichiamo l'informativa inviata al Consiglio dell'Ordine dei giornalisti della Toscana, e a tutti i colleghi, da Olga Mugnaini e Simona Poli, consigliere generali dell'Inpgi
 
Cari Colleghi, al termine del mandato di consigliere nazionali dell’Inpgi, per il cui rinnovo come sapete si vota nel prossimo febbraio, proviamo a fare un bilancio della situazione del nostro Istituto pensionistico e a comunicarvi le nostre riflessioni.

Nel primo semestre del 2019 si sono registrate in Italia altre 400 perdite di posti di lavoro giornalistici, un fenomeno purtroppo in crescita inarrestabile che mette a dura prova la sopravvivenza dell’Istituto e comporta gravi rischi per i trattamenti pensionistici futuri. Attualmente gli attivi che versano contributi all'Inpgi sono circa 15 mila, mentre i pensionati diretti sono 7.500.

 
I conti non tornano piú: troppi pensionati a fronte di pochissime assunzioni, il sistema è vicino al collasso. Ma possiamo ancora evitare questo esito infausto. La situazione ha spinto il Parlamento (dopo lunghe trattative con Fnsi e Inpgi) a varare una legge che consentirà, a partire dal 2023, di ampliare la platea dei contribuenti, allargandola a tutti i comunicatori istituzionali e di enti privati assunti con un contratto giornalistico. Questo risultato è frutto di un lungo e difficilissimo lavoro della nostra governance. E questo ci consentirà di riequilibrare i conti e di assicurare un futuro all'Inpgi.
 
Nel  bilancio preventivo 2020, come ci ha comunicato la presidente Macelloni nell’ultima seduta del Consiglio, la spesa per i trattamenti di disoccupazione è pari a 8,2 milioni,  quella per i contratti di solidarietà è pari a 3,4 milioni, quella per la Cigs è di 1,7 milioni, quella per la mobilità è pari a 0,03 milioni. Il che porta a un risultato della gestione previdenziale e assistenziale in negativo per circa 169,1 milioni di euro (derivante dai 390,3 milioni di ricavi a fronte dei 559,4 milioni di uscite) che sale a circa 188,8 milioni nel bilancio di previsione 2020.
 
I numeri non sono confortanti. Corriamo al momento due seri rischi. Il primo è che l’ente venga commissariato. Il secondo è che l’Inpgi scompaia e i giornalisti passino alla gestione Inps. Il che significa che chi è in attività si vedrebbe da subito ricalcolata la pensione dal 1996 con il solo sistema contributivo, con la clausola di salvaguardia al 2 per cento. Una diminuzione della pensione pari a circa il 30 per cento.
 
Per quanto riguarda l'infortunio extra professionale sarebbe azzerato, perché secondo l'Inail la categoria dei giornalisti non è soggetta a infortuni.
 
Pensioni di anzianità: 62 anni, 40 anni e 5 mesi di contributi. All'Inps sono 41 anni e 10 mesi per le donne, 43 anni e tre mesi per gli uomini. Peggiora anche la pensione di reversibilità: noi siamo al 75 per cento, l'Inps al 60 per cento. 
 
Gestione separata: i Co.Co.Co. all'Inpgi adesso versano il 28 per cento perché c'è anche l'aliquota che copre la dis-coll, la disoccupazione. All'Inps, sempre con l'aliquota che copre la dis-coll, siamo al 34,23 per cento. Le partite IVA: da noi versano il 12 per cento più il 4 per cento a carico dei datori di lavoro; l’Inps è al 25,72 comprensivo del 4 per cento di rivalsa sui datori di lavori. 
 
Nella tabella allegata troverete tutti i dati del confronto nel dettaglio e vi renderete conto di quanto valga la pena impegnarsi per tutelare le nostre identità professionali.
 
Per tutte queste considerazioni siamo convinte che sia necessario salvaguardare l'autonomia del nostro istituto e difenderlo da attacchi esterni che porterebbero alla sua soppressione e dare l'idea di una categoria unita e capace di remare tutta dalla stessa parte.
OLGA MUGNAINI SIMONA POLI” 
 

Allegati

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Notizia pubblicata il 05/12/19
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