Attività del consiglio

Relazione del presidente

Cari colleghi,
questo consiglio è profondamente convinto del fatto che solo un giornalismo attento, corretto, rispettoso delle regole e delle persone avrà  diritto di cittadinanza e capacità di stare sul mercato in una società in fortissimo cambiamento anche nel suo modo di attingere all’informazione. Su questo presupposto, peraltro, si fonda l’attualità e la necessità dell’Ordine dei giornalisti.
 Il vecchio metro del sensazionalismo a tutti i costi, dell’amplificazione delle notizie a dismisura, della insofferenza rispetto alle più elementari norme della deontologia non ha un domani.
E’ un altro tipo di giornalismo quello che serve a garantire il futuro alla carta stampata e a scongiurare l’affermarsi di un modello di democrazia televisiva fatta di messaggi a senso unico,  e di un mondo di comunicatori allergici a ogni tipo di domanda e di critica.
Il futuro appartiene a un giornalismo attento, competente, capace di decifrare i fatti di un mondo sempre più complesso e interdipendente. Un giornalismo capace di approfondire i problemi, ben scritto, aggiornato.
 Un giornalismo capace di recuperare l’orgoglio del proprio ruolo e della propria funzione sociale e per questo consapevole di quanto sia necessario possedere gli  strumenti culturali adeguati per assolvere la propria funzione e convinto della necessità di doversi aggiornarsi costantemente.
Una professione pasticciona, fatta di approssimazione, non sarà certo in grado di costituire un pilastro della democrazia, dando il proprio contributo alla formazione di una coscienza critica dell’opinione pubblica e, soprattutto delle nuove generazioni.
L’Ordine è destinato a cambiare e le indicazioni contenute nei due decreti legge approvati rispettivamente dai governi Berlusconi e Monti, disegnano un ordinamento tutto nuovo. Già oggi, peraltro, i giornalisti non sono più, nella loro componente dei professionisti, esclusivamente dei dipendenti. Se fino a vent’anni fa si accedeva all’elenco dei professionisti solo sulla base di un  titolo contrattuale, già oggi è diverso e domani, ancor più, non sarà  così. E anche i pubblicisti non diverranno più tali sulla base dell’acquisizione di un titolo basato su criteri meramente quantitativi, costituito dalla produzione di un certo numero di servizi e dal percepimento di una retribuzione minima. Da un criterio quantitativo, si passerà a un percorso imperniato sulla formazione universitaria e sul superamento di un esame di Stato. Nel nostro Ordine non si entrerà più sulla base di uno status professionale già acquisito, ma, al contrario, attraverso l’Ordine si otterrà la possibilità di costruirsi una professionalità e una carriera professionale, sul modello degli altri ordini.
La riforma può insomma rappresentare una straordinaria opportunità. E i colleghi, soprattutto quelli più giovani, l’hanno capito perfettamente: questo è il messaggio che abbiamo  percepito chiaramente nelle molte assemblee che abbiamo organizzato in queste settimane.
Cosa può fare l’Ordine? Essenzialmente, deontologia e formazione.
Sulla deontologia, ci preme dire che non esiste  solo l’aspetto sanzionatorio, che passerà ai nuovi collegi di disciplina, ma saremo sempre più impegnati in un’opera di prevenzione, come è accaduto, ad esempio, nei mesi scorsi. Grazie anche all’impegno del nostro segretario Paolo Mori siamo riusciti a contrastare efficacemente alcuni fenomeni preoccupanti che toccavano il giornalismo sportivo. E altrettanto sta avvenendo, grazie agli sforzi di Alfredo Scanzani e Luigi Caroppo, nel campo dell’informazione televisiva, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra informazione e pubblicità.
C’è poi il tema dei suicidi.
Su questo aspetto è necessario insistere: molti casi di suicidio vengono trattati con insufficiente attenzione al dovuto rispetto a cui hanno diritto le persone che decidono di compiere un atto estremo.
Le norme deontologiche indicano chiaramente le cautele con cui devono essere esposti questi casi per non provocare dei fenomeni di emulazione, come  dimostrano in modo chiaro alcune ricerche dell'Organizzazione mondiale della sanità. E abbiamo raccomandato in un comunicato anche un la necessità di tenere al riparo da un’inutile e crudele pubblicità i familiari e i parenti già provati da un così forte dolore. Per questo, a parte pochi, straordinari casi nei quali il diritto e il dovere di cronaca prevale sul rispetto della privacy, non devono essere divulgate le generalità di chi ha deciso di togliersi la vita e altri particolari che rendano il suicida identificabile.
In questi mesi abbiamo registrato un grande aumento del numero dei ricorsi: una trentina in un anno, segno di una maggiore attenzione da parte dei cittadini. Tra pochi mesi, la gestione dell’attività disciplinare passerà a un collegio di disciplina di cui non conosciamo ancora la composizione, i titoli, i compensi, il modo di funzionamento. A questo proposito, chiediamo al Consiglio nazionale dell’Ordine di elaborare e approvare in tempi rapidissimi una proposta organica.
Non voglio enumerare qui tutte le iniziative varate in questi mesi, dai corsi di formazione per pubblicisti, a quelli di aggiornamento e ricollocazione professionale che tanto interesse hanno suscitato nei colleghi, agli ottimi rapporti instaurati con le Università di Pisa e Siena e altrettanto ci auguriamo possa succedere con l’Ateneo fiorentino.
Ma c’è la necessità di iniziare a lavorare concretamente sull’aggiornamento professionale: anche su questo chiediamo al Cnog una rapidissima decisione sui crediti formativi, su quali saranno i soggetti abilitati e sul ruolo di controllo che mi auguro che verrà affidato agli ordini regionali.
Non dobbiamo però dimenticare che viviamo un periodo di profonda crisi economica durante il quale di anno in anno rimandiamo l’appuntamento con la ripresa, con la fine del tunnel. Gli effetti sull’occupazione, sulla sopravvivenza di tante testate sono stati durissimi e siamo ancora all’inizio. Lo switch off c’è stato e non  c’è solo da dire che in Toscana abbiamo vissuto una conversione al digitale gestita alla Ridolini, con le graduatorie corrette per ben due volte a poche ore dal passaggio al digitale. Dobbiamo dire che il processo di desertificazione dell’etere, con la moltiplicazione dei canali e la rarefazione delle emittenti locali, è già cominciato e non si fermerà qui. Con effetti pesantissimi sull’occupazione, ma anche sul pluralismo dell’informazione. In questo campo, alla Regione non chiediamo miracoli, ma di utilizzare tutte le proprie armi per scongiurare la trasformazione definitiva dell’etere in un festival di cartomanti, venditori di quadri o di scarpe, di vecchie pellicole sbiadite.
C’è poi un dramma, quello di chi perde il lavoro, che si somma a un altro dramma, quello di chi un contratto non lo ha mai avuto e non ha neppure prospettive serie di ottenerlo. C’è un tema, che ha animato il dibattito pubblico  in questi mesi, quello della riforma del lavoro e in particolare quello della necessità di ridurre il numero delle tipologie di contratti. Ben 46 sono quelli censiti. Ma c’è un 47° non-contratto di lavoro che va per la maggiore nelle aziende editoriali e che così potremmo descrivere: lavori quanto voglio e in cambio ti pago quanto, quando e se voglio.
Sono situazioni che non possono non toccare la coscienza di ognuno di noi. L’Ordine non può e non deve sostituirsi al sindacato, può però certamente supportarlo nella difesa contro i soprusi, le prepotenze e l’illegalità. C’è un versante deontologico sul quale questo consiglio non rimarrà sordo, anche se all’Ordine non possiamo chiedere di trasformarsi in un tribunale dove si fa giustizia sommaria.
Per quanto ci riguarda, per venire incontro alla parte più debole della professione, siamo intenzionati a percorrere tre strade:
  1. La differenziazione dell’entità delle quote a seconda della capacità di guadagno dei singoli;
  2. Il sostegno a forme di assicurazione contro i rischi di responsabilità civile in ambito professionale;
  3. La promozione di iniziative formative che permettano a un numero crescente di colleghi di ricollocarsi nella professione, di essere più aggiornati.
       
Forse non è molto, forse dovremmo fare ancora di più e voi potrete aiutarci a fare meglio con suggerimenti e anche critiche.
Per quanto mi riguarda, mi sono tenuto in fondo i ringraziamenti al nostro personale a cui in quest’anno e mezzo abbiamo chiesto un contributo importante
E poi un personale ringraziamento a tutti i colleghi del consiglio, a cominciare dal vicepresidente Claudio Armini, che hanno offerto un aiuto essenziale.
In conclusione, vorrei che tutti noi rivolgessimo un pensiero, un saluto e un in bocca al lupo alla collega
Paola Nappi che mentre era impegnata all’Isola del Giglio in un servizio è stata colta da un grave malore e che ancora oggi, a un mese e mezzo di distanza, è ancora ricoverata in rianimazione a Siena.
A Paola vogliamo dire che non l’aspetta solo la sua famiglia, gli amici, i parenti, ma che l’aspettiamo anche tutti noi, con il microfono in mano.

Carlo Bartoli
 
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