XXIII Vertice Nazionale Antimafia: giornalisti, politici, istituzioni e cittadini per ribadire l'impegno nella lotta alla mafia
“Chi dice che la mafia non esiste è complice della mafia: la mafia esiste e va combattuta, parlandone e organizzandosi insieme”: con queste parole Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto, ha aperto il XXIII Vertice Nazionale Antimafia che si è tenuto il 1 dicembre all'Oratorio di Santa Caterina a Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze. Il Vertice, organizzato dalla Fondazione Caponnetto in collaborazione con Ordine dei Giornalisti della Toscana, ha visto riunirsi magistrati, rappresentanti di enti locali, politici e semplici cittadini che hanno affollato il piccolo oratorio per fare il punto sulla lotta alla mafia e alla criminalità e per omaggiare la figura del giudice Antonino Caponnetto, scomparso il 6 dicembre di quindici anni fa. Assente il presidente del Senato Pietro Grasso. Dal confronto e dalle testimonianze portate è emerso, con forza, come la mafia sia ancora oggi ben presente nella società italiana, sebbene tenti di nascondersi: come dimostra la vicenda di Enrico Bini sindaco di Castelnovo Monti, che nel 2008, quando era presidente della CNA di Reggio Emilia, fece partire le denunce che permisero di avviare il processo Emilia, il più grande processo per infiltrazioni di 'ndrangheta nel nord Italia, ancora in corso. “All'inizio non volevo crederci nemmeno io che la 'ndrangheta fosse riuscita ad infiltrarsi nel sistema economico della nostra zona, portando via il lavoro alle aziende del territorio – racconta Bini in un video realizzato da Odg Toscana – Non è stato facile trovare chi mi ascoltasse ma grazie alla Fondazione Calleri e all'allora prefetto Antonella de Mira sono partite le indagini che hanno appurato quanto stava accadendo”. Enrico Bini è uno dei tanti cittadini che ha deciso di fare il proprio dovere denunciando, un comportamento che tutti dovremmo adottare, come ha ricordato Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi in Sicilia, sfuggito ad un attentato mafioso: “per combattere la mafia occorre fare squadra tutti insieme, facendo ognuno il proprio dovere e non abbassando mai la guardia” ha detto Antoci intervistato da Odg Toscana. In questa guerra un ruolo di primo piano lo svolgono proprio i giornalisti, ai quali tocca il compito di informare i cittadini su quanto accade nei loro territori: “Dobbiamo renderci conto che la lotta alla mafia non può essere fatta solo dalla magistratura e dalle forza dell'ordine ma deve essere fatta anche dalla società civile: in questo abbiamo un ruolo fondamentale anche noi nel fare informazione” ha ricordato Paolo Borrometi, giornalista siciliano in prima linea nella denuncia della mafia ragusana e per questo sotto scorta dal 2014. “Il ruolo dell'informazione è fondamentale – ha ricordato Carlo Bartoli, che al Vertice ha portato il saluto ufficiale dell'Ordine dei Giornalisti della Toscana – Attenzione però a non lasciare soli coloro che sono in prima linea in questa battaglia: vi chiedo di sostenere i giornalisti”, ha concluso Bartoli, parlando ai presenti. Ma in che modo è possibile mettere il giornalista in condizioni di fare bene il proprio lavoro? A rispondere è ancora Paolo Borrometi: “La solidarietà ci vuole ma abbiamo bisogno soprattutto di atti concreti: il nostro è un paese strano che prevede ancora il carcere per i giornalisti oltre al fatto che chi querela non rischia mai nulla. Eppure nel 60% dei casi le querele contro giornalisti si risolvono in un nulla di fatto, nelle cosiddette querele temerarie. Potremmo iniziare a prendere spunto dal sistema britannico che prevede il versamento di una cauzione da parte del querelante pari alla metà della cifra richiesta” Il XXIII Vertice nazionale antimafia è solo uno degli appuntamenti dedicati alla legalità e alla lotte alla mafia organizzati da Fondazione Caponnetto e Odg Toscana: l'accordo, siglato nei mesi scorsi tra i due enti, ha visto l'organizzazione di corsi ed eventi formativi che proseguiranno nei prossimi tre anni.