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Riforma dell'Ordine ed elenco pubblicisti.

Pubblichiamo il parere del consulente legale dell'Ordine Avv. Lorenzo Calvani

Presa visione delle disposizioni e degli interventi pubblicati, non ritengo giustificati i timori circa la pretesa “abolizione” dell’elenco dei pubblicisti. Nè tantomeno circa il fatto che, successivamente al 13 agosto 2012, non potrebbero più farsi nuove iscrizioni all’elenco dei pubblicisti e/o dovrebbe permanere un “elenco ad esaurimento” dei pubblicisti già iscritti.

Occorre, in primo luogo, premettere che la materia degli ordini professionali è a tutt’oggi, secondo le anticipazioni anche dell’attuale Governo, all’attenzione dell’esecutivo, che sembra voler intervenire ulteriormente, non con la semplice attuazione delle norme già emanate, ma altresì con l’introduzione di ulteriori “novità”. Pertanto quanto in appresso può basarsi solo sulla situazione delle disposizioni alla data odierna, ma non può in alcuna maniera ritenersi definitivo.

Ciò premesso, occorre anzitutto seguire l’evoluzione delle disposizioni:

- Il DL 138/2011 (convertito in L. 148/2011) ha stabilito (art. 3 comma 5) che “Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33 quinto comma della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate” (SIC!) gli ordini dovessero essere riformati per recepire determinati principi espressamente elencati nei punti da a) a g) dello stesso comma 5.
- La successiva L. 183/2011 ha stabilito che la riforma dovesse avvenire non mediante disposizioni di legge, ma attraverso norma regolamentare (DPR) da emanarsi entro il 13.8.2012; inoltre che, entrato in vigore il regolamento, le norme sugli ordini dovessero ritenersi abrogate.
- La successiva manovra “Monti” ha ulteriormente modificato la disposizione stabilendo che, anche ove non emanato il Regolamento, debbano intendersi abrogate le norme sugli ordini professionali MA NON TUTTE. Bensì SOLO quelle in contrasto con i principi di cui ai punti da a) a g) dell’art. 3 comma 5 della L.148/2011. Che entro il 31.12.2012 il Governo “provvede a raccogliere le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate per effetto” di quanto sopra.

Si badi che tra i “principi di cui al comma 5 lettere da a) a g)” non è compreso l’obbligo di esame di Stato. Esso è stabilito da un articolo DELLA COSTITUZIONE (art. 33 comma 5).  Cioè da una norma che E’ IN VIGORE DAL 1946!. E che così si esprime:

“È prescritto un esame di Stato .... e per l'abilitazione all'esercizio professionale”.

Ciò detto occorre rispondere ai quesiti seguenti:

1)  Secondo le disposizioni sopra riportate, ove non intervenga una apposita disposizione che renda obbligatorio l’esame di Stato anche per i pubblicisti, emanata mediante DPR, si deve intendere abrogato l’art. 28 della L. 69/1963 che stabilisce che “L'albo è ripartito in due elenchi, l'uno dei professionisti l'altra dei pubblicisti” e l’art. 35 della stessa legge che stabilisce che per l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti NON è richiesta la prova  di idoneità professionale di cui all’art. 32 della stessa legge (Esame di Stato) ?

Ritengo che la risposta debba essere NEGATIVA. Le disposizioni recentemente emanate comportano l’abrogazione non delle disposizioni in contrasto con l’ “intero” art. 3 comma 5; bensì solo con i “principi di cui al comma 5 lettere da a) a g)”; tra cui non è previsto un obbligo di Esame di Stato. Cosicchè, in caso di mancata emanazione di un diverso regolamento, gli artt. 28 e 35 della L. 69/1963 dovrebbero ritenersi compresi tra le disposizioni aventi forza di legge che non risultano abrogate e che il Governo dovrebbe raccogliere entro il 31.12.2012.

2) Ma secondo l’art. 3 comma 5 della L. 148/2011, non dovrebbe ritenersi comunque sussistere l’obbligo dell’Esame di Stato per poter svolgere l’attività di pubblicisti?

Anche in questo caso ritengo che la risposta  debba essere negativa. Anzitutto, se così fosse, posto che l’art. 3 comma 5 citato, laddove afferma “Fermo restando l'esame di Stato di cui all'articolo 33 quinto comma della Costituzione per l'accesso alle professioni regolamentate...” è già pienamente vigente, esso dovrebbe intendersi aver già abrogato “implicitamente” gli artt. 28 e 35 della L. 69/1963, posto che risulterebbe incompatibile con essi. Senonchè, a mio parere, esso NON riguarda i pubblicisti.

L’art. 3 comma 5 L. 148/2011, anzitutto, non afferma nulla di “nuovo”, ma costituisce MERO RICHIAMO alla disposizione Costituzionale vigente. Infatti non afferma che, dal momento della sua emanazione, debba sussistere l’obbligo di Esame di Stato per determinate categorie di operatori, ma al contrario che RIMANGONO FERME le disposizioni COSTITUZIONALI sull’obbligo di esame di Stato.

Orbene la Costituzione prevede l’Esame di Stato per l’abilitazione all'esercizio professionale. Cioè per lo svolgimento di determinate attività quali soggetti “professionisti” a tutti gli effetti. Come tale deve intendersi anche il richiamo del più volte citato art. 3 comma 5 L. 148/2011 all’ “accesso alle professioni regolamentate”. Dovendosi intendere come tali le attività svolte quali professionisti in senso “tecnico” e “stretto”.

Come noto i pubblicisti sono soggetti che “svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi” (Art. 1 L. 69/1963). Cioè, per espressa previsione di legge, NON SONO PROFESSIONISTI GIORNALISTI. Ma persone che scrivono articoli, anche non occasionalmente, anche in maniera retribuita, ma non quali professionisti della stampa e dell’informazione. Non svolgono attività giornalistica con esclusività professionale. Per volontà del legislatore hanno ricevuto una disciplina specifica e un “diritto positivo” non tanto per lo svolgimento dell’attività, ma soprattutto per essere assoggettati a controllo amministrativo nell’ambito dell’interesse pubblico sotteso alla corretta informazione e alla tutela della stampa e dei lettori.

A riprova di quanto sopra vi è il fatto che – ove l’Esame di Stato fosse da intendersi esteso ai pubblicisti – gli stessi artt. 28 e 35 della L. 69/1963 non solo sarebbero ora “incompatibili” con l’art. 3 comma 5 L. 148/2011. Ma avrebbero dovuto essere considerati INCOSTITUZIONALI sin dalla loro originaria formulazione ed emanazione, posto che l’obbligo dell’Esame di Stato per l’esercizio delle professioni “protette” sussiste sin dall’emanazione della Costituzione (ed in realtà anche da prima).

Ed invece, anche storicamente, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 L. 69/1963 è stata dichiarata inammissibile con sentenza Corte Cost. 11/1968, mentre la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 L. 69/1963 è stata dichiarata altresì non fondata dalla stessa sentenza Corte Cost. 11/1968 e manifestamente infondata dalla sentenza Corte Cost. n. 98/1968. E’ pur vero che, in quelle sentenze, la questione veniva affrontata soprattutto sotto il profilo del contrasto della Legge professionale giornalistica col diritto di libera espressione del pensiero, e non con l’obbligo di Esame di Stato. Ma è altresì vero che, soprattutto nella prima sentenza, la questione venne affrontata anche in rapporto all’art. 33 Cost., quantomeno per affermare che le norme sull’iscrizione all’Albo dei giornalisti non si ponevano in contrasto con la libertà della cultura, e in nessuna maniera venne anche solo “paventato” un contrasto con l’obbligo di Esame di Stato per le professioni protette.

Occorre invece rimarcare che quelle sentenze sottolinearono proprio come l’obbligo di iscrizione all’albo dei giornalisti – nell’elenco dei professionisti come in quello dei pubblicisti – non si fondasse prioritariamente sulla “professionalizzazione” dell’attività (che solo dai giornalisti professionisti è svolta con tale effettivo “status”, e secondo modalità tipiche dell’ “esercizio professionale”), ma sul fatto che chi svolgesse detta attività potesse comunque “essere chiamato a rispondere di fronte all'Ordine per eventuali comportamenti lesivi della dignità sua e dei giornalisti ...: vale a dire per inadempienza al primo e fondamentale dovere di garantire che l'attività ... si svolga in quel clima di libertà di informazione e di critica che la legge vuole assicurare come necessario fondamento di una libera stampa” (Corte Cost. 98/1968).  Indipendentemente dal fatto che lo svolgimento avvenga come operatore non professionale o come vero e proprio professionista. Sulla base di tali principi la Corte Costituzionale dichiarò l’incostituzionalità delle disposizioni che impedivano ai pubblicisti di assumere la direzione e vicedirezione responsabile di determinati organi di stampa.

Ad ulteriore completamento di quanto sopra, ritengo possa altresì affermarsi che la “lettura” delle nuove disposizioni sopra richiamate in chiave di “imposizione” di un obbligo di Esame di Stato per i pubblicisti, o addirittura di “eliminazione” della loro figura, risulterebbe essere altresì palesemente in contrasto con la dichiarata volontà dell’Esecutivo di “liberalizzare” quanto più possibile l’accesso e l’esercizio delle professioni.

Non sembra davvero essere questa, anche al di là dell’interpretazione  letterale delle norme sopra chiarita, la volontà dell’Esecutivo in primo luogo, del Parlamento in seconda battuta e della stessa Comunità Europea in ultima istanza; alla cui volontà, come a tutti noto, le disposizioni richiamate intendono rifarsi.

Avv. Lorenzo Calvani
Notizia pubblicata il 16/01/12
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