Inaugurazione anno giudiziario: Odg Toscana e AST esprimono disagio per informazione fra “divieti e silenzi”
In occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2025, il presidente del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Toscana, Giampaolo Marchini, e il presidente dell’Associazione Stampa Toscana, Sandro Bennucci, insieme con i rispettivi organismi dirigenti, esprimono il disagio, la protesta e la preoccupazione per i sempre più difficili rapporti con l’autorità giudiziaria.
Protesta e preoccupazione, sia chiaro, che non vogliono assolutamente essere mancanza di rispetto nei confronti della Magistratura, ma l’espressione di un profondo sconcerto professionale, già più volte espresso, ma che in un’occasione come la cerimonia che si terrà a Firenze sabato 25 gennaio, dev’essere sottolineato.
Tra la legge Cartabia, interpretata in modo restrittivo, e la legge bavaglio, i cronisti che si occupano di cronaca nera e giudiziaria vedono quotidianamente ostacolato il loro lavoro. Le notizie vengono spesso censurate a monte da alcuni capi delle Procure, spesso con interpretazioni diverse, e se vengono divulgate, quasi sempre a distanza di giorni dai fatti, sono inviate alla stampa in comunicati scarni, di poche righe, che rendono impossibile il lavoro dei cronisti, vista l’impossibilità di accedere alle fonti anche per semplici verifiche di notizie. Ai giornalisti viene impedito di fare domande e chiedere spiegazioni. Mentre informare richiede la possibilità di farsi direttamente un’idea e invece bisogna accontentarsi di quel che viene fatto filtrare, magari a distanza di tempo. E viene imposto di non riportare fedelmente quello che è scritto nelle ordinanze di custodia cautelare, che devono essere riassunte, con il rischio di querele. Tutto questo impedisce ai lettori, ai radioascoltatori, ai telespettatori di formarsi un’opinione, neutralizzando il pluralismo dell’informazione.
Dal problema generale dobbiamo poi scendere nella realtà particolare di Firenze: come Odg Toscana e Ast siamo dovuti intervenire ripetutamente sulle scelte della Procura rispetto al rapporto con il mondo dell’informazione. Troppi silenzi, troppe informazioni che mancano su temi che rivestono ampio interesse sociale. L’elenco potrebbe essere lungo e deve estendersi anche a casi di cronaca nera quotidiani: fatti che accadono sotto gli occhi dei cittadini e di cui si ha notizia, non di rado, con grave ritardo.
Aggiungiamo il non marginale caso della perquisizione fatta ad un collega fiorentino per tentare di accedere alle sue fonti. Scelta che consideriamo molto grave. Le fonti sono coperte dal segreto professionale, riconosciuto dalla legge e ribadito, anche recentemente, dalla Corte di giustizia europea. A proposito: l’Europa talvolta viene citata in maniera non precisa. Proprio pochi giorni fa, il commissario Ue alla Giustizia Michael Mac Grath, rispondendo all’interrogazione di un’eurodeputata italiana, ha chiarito che la direttiva europea sulla presunzione di innocenza non prescrive limitazioni specifiche per quanto riguarda la pubblicazione da parte della stampa di atti relativi alla fase pre-processuale del procedimento. La direttiva prevede solo che la diffusione delle informazioni rispetti la presunzione di innocenza e non crei l’impressione che la persona sia colpevole prima che ci sia stato il processo.
Il lavoro dei giornalisti, vale sempre la pena ricordarlo, è garantito dall’articolo 21 della Costituzione.
Che ha anche un obiettivo fondamentale: quello di assicurare ai cittadini il diritto ad essere informati, soprattutto di quello che accade intorno a loro, nelle città e nei quartieri dove vivono.
E che i cronisti, in particolare di nera e giudiziaria, s’impegnano a far conoscere, nonostante divieti e silenzi.