Sportello Diritti Digitali: Deontologia privacy giornalisti e Regolamento UE n.679/2016

Il giornalista e la deontologia privacy di fronte al GDPR 2016/679. Il Garante Privacy (o Autorità di controllo secondo il GDPR 2016/679) ha emanato le Regole deontologiche relative al trattamento di dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica ai sensi dell’art.20, comma 4, del d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101 – 29 novembre 2018 (Pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 3 del 4 gennaio 2019) ovvero per armonizzare o coordinare l’esistente Codice di condotta privacy per giornalisti con il Regolamento UE sulla data protection. Le Regole deontologiche privacy si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.   Immaginiamo per un momento di essere un giornalista che si interroghi sul rapporto tra le “vecchie” e le “nuove” regole deontologiche privacy alla luce del Regolamento UE n.679 del 2016 (GDPR 2016/679). L’estrema semplificazione tra regole “vecchie” e “nuove” è funzionale al tenore divulgativo del presente contributo. A livello tecnico-giuridico sarebbe più corretto parlare di regole “non armonizzate” (vecchie) e regole “armonizzate” (nuove) con il GDPR 2016/679. Il Regolamento UE – sebbene sia immediatamente esecutivo negli ordinamenti degli Stati membri – ha previsto che determinate materie siano armonizzate dal Legislatore interno (art. 85 GDPR 2016/679) e tra queste rientra l’attività giornalistica. Il “vecchio” “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica” viene sostituito dalle “nuove” “Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell’attività giornalistica”    In realtà cambiano pochissime cose: – i richiami alla legge 31 dicembre 1996, n. 675 ed alla direttiva 95/46/CE contenuti in alcune disposizioni del codice deontologico devono intendersi riferiti alle corrispondenti disposizioni del Regolamento e del Codice in materia di protezione dei dati personali, come modificato dal d.lgs. n. 101/2018; – eventuali modifiche normative rilevanti nella disciplina di specie – quali l’inclusione dei dati genetici e dei dati biometrici fra le categorie di dati particolari – devono essere prese in considerazione per determinare la compatibilità delle disposizioni esistenti con il quadro normativo attuale.   All’esito dell’excursus generale condotto in questa sede, si evince che una condotta deontologicamente corretta nell’eterno contrasto tra privacy e libertà di informazione impone al giornalista di operare sempre – prima della pubblicazione – il bilanciamento tra privacy e interesse pubblico alla luce del principio della proporzionalità dando prevalenza alla posizione giuridica destinata a subire un sacrificio ingiusto (perché sproporzionato) ove si prediligesse l’altra. In estrema sintesi, il giornalista dovrebbe trovare una soluzione di compromesso tra il danno derivante alla Testata giornalistica dalla mancata completa informazione e il danno all’interessato derivante dalla pubblicazione integrale della notizia. In molti casi, l’importanza della Testata Telematica potrebbe sostenere – se vi fosse – un piccolo danno da perdita di vendite a causa dell’essenzialità della notizia (senza spettacolarizzazioni che magari sono state adottate dai Giornali competitors) mentre l’interessato verrebbe esposto a un danno grave e non ulteriormente sostenibile (Delfi AS v. Estonia, no. 64569/09, ECHR 16.05.2015; Cass. 5525/2012 diritto alla conservazione dell’attualità della propria identità digitale; Garante Privacy 2008 Archivi storici on line dei quotidiani: accoglimento dell'opposizione dell'interessato alla reperibilità delle proprie generalità attraverso i motori di ricerca – principio di proporzionalità). La regola d’oro per il nostro giornalista di fantasia – turbato e dubbioso in casi simili – resta sempre quella di pubblicare solo le notizie essenziali.    Nel tentativo di agevolare il nostro giornalista ipotetico, è stata tracciata in questo testo la Check List o il Memorandum dei punti essenziali da seguire e degli adempimenti da adottare per conformarsi al Regolamento europeo Data Protection accompagnati da qualche breve nota di presentazione. Ripassiamoli insieme.   Interesse pubblico e privacy. Quale deontologia? La deontologia investe da sempre la questione della condotta del giornalista davanti al dilemma tra diritto a informare e diritto alla privacy. Il criterio orientativo per assumere la decisione giusta è quello dell’interesse pubblico. Ove se ne ravvisi l’esistenza prevale il diritto a informare su quello alla privacy, salvo eccezioni. Tuttavia in questi casi la condotta deontologicamente corretta è quella di fornire la notizia ma soltanto nei limiti dell’essenziale, evitando qualsiasi dato non immediatamente pertinente. In definitiva, interesse pubblico prevale su privacy a patto che sia rispettato il principio dell’Essenzialità dell’informazione. In determinati fatti di cronaca, il giornalista può comunque riferire di questi ultimi ma prediligendo soluzioni che tutelino la riservatezza degli interessati (ricorrendo ad esempio all’uso di iniziali, di nomi di fantasia ecc.). Occorre evidenziare però che – in alcuni casi – la semplice omissione delle generalità delle persone non basta ad escluderne l’identificazione che può desumersi comunque ove il giornalista ne abbia indicato l’età, la professione, il luogo di lavoro, l’indirizzo dell´abitazione, ecc… .    Personaggio pubblico e privacy. Quale deontologia? Le foto in topless di Lilli Gruber pubblicate nel 1992 da Novella 2000 costituiscono ancora oggi un caso-scuola per dirimere il contrasto tra diritto alla privacy del personaggio pubblico e diritto all’informazione. Il nostro giornalista di fantasia si trova nei pressi della dimora privata di una figura pubblica e riesce a carpirne dei fotogrammi. Quale dovrebbe essere la condotta deontologicamente corretta in merito all’eventuale diffusione di tali foto? La sentenza Gruber del Tribunale di Milano del 17 novembre 1994 fornisce una possibile risposta: “non è ipotizzabile una pubblicazione legittima di immagini attinenti alla vita privata di un soggetto pubblico, realizzata con una condotta che integri la fattispecie di cui all’art. 615 bis cod. pen. (“Interferenze illecite nella vita privata” mediante ad esempio una telecamera nascosta o un potente teleobiettivo)”. Pertanto, “costituisce violazione del diritto alla riservatezza l’utilizzo, consistente nella diffusione a mezzo stampa, di immagini attinenti alla vita privata di un soggetto pubblico indebitamente carpite in luogo privato con strumenti professionali”. E’ indubbia la caratura di figura pubblica della Gruber ma è altrettanto indubbio che la relativa nudità abbia ben poco a che vedere con la sua attività professionale pubblica. In definitiva, come osserva il Garante Privacy, “la sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica” (art. 6, n.2, Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell’attività giornalistica – 14 dicembre 2018).   Persona comune ripresa in luogo pubblico e privacy. Quale deontologia? Le immagini che ritraggono persone comuni o “private” in luoghi pubblici possono essere pubblicate, anche senza il consenso dell’interessato, alle seguenti condizioni:  i soggetti non devono essere distintamente identificabili (es. primo piano);  i soggetti sono stati previamente informati dell’eventualità di essere ripresi tramite avvisi o cartelli disposti in loco;  il fotografo ha reso palese la propria identità e attività di giornalista/fotografo. Una volta rispettate le indicate condizioni, occorre valutare secondo il criterio orientativo del contesto del servizio giornalistico e dell’oggetto della notizia. “Ad esempio – osserva il Garante Privacy – la pubblicazione dell’immagine di una signora anziana, chiaramente identificabile, ripresa al mercato con la spesa, può ritenersi non pertinente rispetto ad un articolo sulla solitudine degli anziani, oltre che lesiva della dignità dell’interessata. Diverso il giudizio potrebbe essere se la stessa foto fosse posta, per esempio, a corredo di un articolo sulla longevità” (“Privacy e giornalismo. Alcuni chiarimenti in risposta a quesiti dell'Ordine dei giornalisti – 6 maggio 2004”).   Privata dimora e privacy. Quale deontologia? Il nostro giornalista di fantasia che ha capito che la dimora privata è un limite anche per la pubblicazione delle foto di un personaggio noto, a maggior ragione saprà di dover evitare l’invasione del domicilio di una persona comune. In particolare ai sensi dell’art. 3. del testo in commento sulle Regole deontologiche armonizzate “la tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell’uso corretto di tecniche invasive”.   Dati particolari (ovvero gli ex dati sensibili), dati di salute, dati sessuali e privacy. Quale deontologia? Nel raccogliere dati personali atti a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesioni a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati genetici, biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica e dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, il giornalista garantisce il diritto all´informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell´essenzialità dell´informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti. Ad esempio, in presenza di un fatto di interesse pubblico legittimamente oggetto del diritto di cronaca come l’omicidio di una donna, è obbligatorio evitare di soffermarsi eccessivamente su dati sanitari, sulle vicende intime, su atti e corrispondenze di natura personale, sulle convinzioni religiose e su determinate abitudini personali della vittima e di altre persone perché vengono diffusi dettagli non essenziali per la necessaria informazione dell’opinione pubblica. Il Codice di deontologia dei giornalisti ora denominato Regole deontologiche privacy per i giornalisti impone il rispetto delle garanzie che riguardano la dignità delle persone nonchè il rispetto del principio dell’essenzialità dell’informazione, specie quando vengono divulgati dati di natura “sensibile”, riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non coinvolti dai fatti. Nell’ambito del trattamento dei dati particolari o “ex sensibili”, il giornalista è tenuto a rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni personali, fisiche o mentali. Il giornalista deontologicamente corretto rispetta la dignità delle persone malate evitando di pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico. Il riferimento a informazioni di carattere sessuale, a volte, può desumersi dalle stesse dichiarazioni di un terzo nei confronti dell’interessato. Pensiamo a un articolo in cui si riporta testualmente (cosiddetto virgolettato) la frase diffamatoria dell’ex vendicativa nei confronti del compagno traditore diffusa sui social caratterizzata dal seguente tenore: “Sei uno stronzo. Perché non mi hai detto subito che ti piacciono gli uomini?”. Inoltre, è doveroso evidenziare che la disciplina privacy tutela anche la dignità e i diritti della personalità rispetto al trattamento dei dati personali nei confronti di coloro che sono deceduti. Al riguardo ricordiamo la poco deontologica pratica di razziare dai social ai fini della pubblicazione le foto dei defunti protagonisti di fatti di cronaca.   Dati giudiziari di vittime, testimoni e condannati. Quale deontologia privacy? Le foto segnaletiche sebbene esposte nel corso di conferenze stampa tenute dalle forze dell’ordine non possono essere diffuse se non in vista del perseguimento delle specifiche finalità per le quali sono state originariamente raccolte (accertamento, prevenzione e repressione dei reati). Sempre a salvaguardia della dignità della persona, è vietato riprodurre e diffondere immagini di soggetti in manette o durante gli arresti. Parimenti non devono essere diffusi i nomi delle vittime, dei testimoni, delle persone in contatto con la vittima che però non attengono al fatto di cronaca (ad esempio il nome del proprietario della casa dove si è consumato il delitto). Tali regole deontologiche e giuridiche trovano giustificazione nella tutela di tali soggetti da eventuali conseguenze ulteriormente pregiudizievoli.    Dati biometrici e genetici. Quale deontologia privacy? Il Regolamento UE n. 679 del 2016 ha introdotto nell’ambito delle informazioni ad alto impatto privacy i dati biometrici e i dati genetici. Pertanto il Garante Privacy nostrano (o Autorità di controllo secondo il GDPR 2016/679) – al fine di conformare il vecchio codice deontologico alla normativa europea – ha stabilito di integrare le Regole deontologiche dei giornalisti introducendo la tutela di queste tipologie di informazioni. In questi casi l’essenzialità dell’informazione costituisce l’unica via per pubblicare fatti di interesse pubblico evitando di rendere identificabile l’interessato e di agevolare la riconducibilità dello stesso in identità collettive soggette a fenomeni discriminatori. Pensiamo per esempio al cittadino che – andando a correre per mantenersi in forma – indossa un dispositivo elettronico che conta i passi e il ritmo cardiaco. Questo tipo di device molto spesso è collegato tramite una piattaforma digitale al proprio smartphone a cui comunica questi dati biometrici ovvero dati in grado di evincere lo stato di salute del corridore. Poniamo che la piattaforma digitale intermediaria tra dispositivo indossato e cellulare comunichi a propria volta – all’insaputa dell’interessato – queste informazioni a delle compagnie assicurative che elaborando tali dati giungano a costruire un’identità collettiva ad alto impatto discriminatorio come segue: i devices indossati rivelano che in Toscana ci sono più cardiopatici che in Liguria; quindi l’identità collettiva “Toscani-Cardiopatici” determina l’effetto discriminatorio per cui il premio della polizza sanitaria sarà più alto per i Toscani piuttosto che per i Liguri. Il semplice esempio sopra riportato risulta esplicativo della potenza discriminatoria dei dati biometrici e/o dei dati genetici (implicanti un determinismo altrettanto discriminatorio) mettendo in guardia il giornalista dalla pubblicazione non ponderata di tale tipo di informazioni.   Dati dei minori e privacy. Quale deontologia? La nostra disciplina privacy è sempre stata fortemente protettiva nei confronti dei minori in quanto la pubblicazione dei relativi nominativi collegata con i fatti di cronaca di cui sono stati protagonisti potrebbe influire negativamente sul loro sviluppo. Ad esempio, un articolo riguardante la fuga da casa di una minore non deve pubblicare il nome, il cognome, l’indicazione della scuola frequentata, le notizie riguardanti il suo stato di adozione e la sua origine etnica. La portata pregiudizievole della diffusione di questi dati non solo potrebbe sostanziarsi nella lesione della personalità della ragazzina ma potrebbe anche danneggiarla ulteriormente nei rapporti familiari e relazionali laddove non fosse stata al corrente della propria condizione di adottata. Nei casi in cui la notizia abbia valenza positiva è possibile invece diffondere l’identità e anche le immagini del minore ovviamente previa autorizzazione di entrambi i genitori (anche se divorziati o separati).    Adempimenti ai quali è tenuto il giornalista. Informativa privacy semplificata. Il giornalista che raccoglie notizie – afferma l’articolo 2 delle Regole deontologiche privacy – è tenuto a rendere note “la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta, salvo che ciò comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa”. Egli deve evitare artifici e pressioni indebite. Fatta palese tale attività, il giornalista non è tenuto a fornire gli altri elementi dell’informativa dettagliata cui sono tenuti tutti gli altri soggetti che trattano dati personali.   Garantire il diritto di accesso all’interessato. Il rapporto tra banche-dati di uso redazionale, archivi personali dei giornalisti e diritto di accesso dell’interessato costituisce un’altra questione privacy molto complessa. Il diritto di accesso ai dati personali ex art. 12 co.3 GDPR 2016/679 può essere eseguito nei confronti sia dell’editore, sia del giornalista, i quali entro 30 giorni (o al massimo entro 90 gg nei casi più complessi) devono confermare se detengono o meno dati personali che riguardano l’interessato e devono comunicarli all’interessato in una forma intellegibile. A tal fine le imprese editoriali indicano fra i dati della gerenza il responsabile del trattamento al quale le persone interessate possono rivolgersi per esercitare i diritti previsti dal Regolamento. Perfino il giornalista deve rispondere alla richiesta di accesso se ha tratto le informazioni dal proprio archivio personale anziché dalle basi-dati redazionali. Ovviamente resta ferma la tutela del segreto professionale e delle fonti del giornalista.   Garantire non solo il diritto alla rettifica ma tutti i diritti dell’interessato previsti dal GDPR 2016/679 (artt. 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23) L’editore e il giornalista (quando è titolare del trattamento) devono garantire all’interessato i seguenti diritti: – Ottenere l’informativa privacy dall’editore mentre per il giornalista è sufficiente rendere nota all’interessato la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta; – Accesso ai dati che lo riguardano e che si trovano presso i locali o i server del titolare del trattamento; – Chiedere la rettifica dei propri dati quando siano stati pubblicati in modo errato; – Chiedere l’aggiornamento e/o l’integrazione dei propri dati quando siano variati; – Chiedere al titolare la trasformazione in forma anonima o il blocco; – Chiedere al titolare la cancellazione o l’oblio a seconda dei casi; – Chiedere al titolare che esegua una limitazione del trattamento perchè ad esempio alcuni dati sono in eccesso rispetto alle finalità da espletare; – Chiedere al titolare la portabilità nel senso di trasferire i propri dati ad altro titolare senza aggravi o spese a carico dell’interessato; – Chiedere al titolare l’attestazione che le operazioni richieste sono state portate a conoscenza, anche per quanto riguarda il loro contenuto, di coloro ai quali i dati sono stati comunicati eccettuato il caso in cui tale adempimento si riveli impossibile o comporti un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato rispetto al diritto tutelato; – Opporsi al trattamento per motivi legittimi; – Opporsi ad essere sottoposto a processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione; – Revocare il consenso in qualsiasi momento senza pregiudicare la liceità del trattamento basata sul consenso prestato prima della revoca.   Sanzioni disciplinari Le sanzioni disciplinari, di cui al titolo III della legge n. 69/1963, si applicano solo ai soggetti iscritti all’albo dei giornalisti, negli elenchi o nel registro con l’esclusione di chiunque altro eserciti attività pubblicistica occasionalmente.                                                                                                (a cura dell'avvocata Deborah Bianchi)     Lo Sportello Diritti Digitali è il servizio offerto a tutti gli iscritti di Odg Toscana.   Ogni mercoledì dalle ore 15 alle ore 17, l'avvocata Deborah Bianchi, esperta di diritto dell'Internet, è a disposizione per fornire un primo servizio di orientamento gratuito in materie che riguardano normative giuridiche legate al mondo dell'online.   Il servizio è attivo negli uffici di Odg Toscana o via Skype, tramite l’account”Segreteria Ordine Giornalisti” (associato all’indirizzo info@odg.toscana.it)   Per prenotarsi occorre inviare una email a info@odg.toscana.it specificando nome, cognome, contatti, una breve descrizione del proprio problema e la modalità con cui si vuole accedere al servizio, ovvero tramite colloquio fisico o collegamento skype.  

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